Banana Yoshimoto: H/H - Recensione
Due storie - Hard Boiled e Hard Luck, da cui il titolo H/H - hanno in comune il tema della morte.
Che cos'è davvero la morte?
In alcuni casi può rappresentare un problema irrisolto, un doversi confrontare con qualcosa o qualcuno del passato; ma per quanto la morte sia spaventosa, "a concepire le cose più mostruose sono sempre esseri viventi come noi", dice a un certo punto la protagonista.
Nel primo racconto una giovane donna si trova a dover fare i conti con il suo "io" del passato.
Tribolazioni - tristezze - ambiguità - fatti inaspettati - morte, appunto.
Durante una semplice passeggiata - immersa nella natura dai colori autunnali - tutto sembra riaffiorare, tutto sembra avvolto come da un'aureola di mistero e di smarrimento. Arrivata presso un albergo locale - dove pensa di trovare finalmente pace e riposo - si ritrova invece a vivere delle esperienze alquanto strane, al limite della realtà.
Quasi paranormali.
Oltre alla presenza di una donna in accappatoio - che si scopre poi essere una giovane suicida (proprio in quell'albergo) tempo addietro - nella mente della nostra ospite si scatenano continui sogni in cui vede comparire continuamente la sagoma di quella vecchia fiamma, di quella vecchia passione - Chizuru - che ormai non esiste più.
Sono sogni confusi in cui è difficile distinguere ciò che è una "visione" da ciò che è un ricordo.
Sicuramente quello che emerge è amarezza, è tristezza - emozioni con la quale la nostra protagonista si trova a fronteggiare, a comprendere, ad analizzare.
E quell'albergo sembra come avvolto da una nebbia mistica.
Uno strano mondo dove accadono strane cose.
Uno spazio pseudo disegnato, limitato entro certi confini al di fuori del quale si trovano soltanto "le montagne tinte nei colori delle foglie autunnali" che incalzano in uno scenario in cui risplende l'azzurro di un cielo pulito, lavato, smacchiato.
Nella seconda storia emerge subito l'oppressione.
Soffocamento.
Una situazione tragica, che distrugge l'anima.
La vista - ogni giorno, ogni ora, ogni minuto - della propria sorella in ospedale con la sola compagnia di un respiratore elettrico rimbombante in una quiete assordante. Mancava solo l'attesa della morte cerebrale per mettere fino a quel supplizio che "procedeva a passo lento e regolare" verso quel sonno eterno.
Ancora una volta la morte fa da padrona nel racconto; ma è una morte diversa rispetto a quella della prima storia. Se prima aveva un carattere trascendentale, quasi onirico, ora è più reale, concreta, viva.
E' quella morte che si fa carico di tensioni, pensieri altalenanti, illusioni e - anche in questo caso - ricordi.
Ricordi che avvolgono. Abbracciano.
Ognuno reagisce diversamente di fronte alla morte - non esiste un azione più giusta di altre.
Ognuno impara a confrontarsi con le proprie emozioni e agisce di conseguenza.
Chi cerca la distrazione,
chi soffre in silenzio,
chi cerca di soffocare quell'unico spiraglio di gioia nello struggimento,
chi semplicemente cerca di dimenticare.
Una frase mi ha colpito: "che posto incredibile il mondo!"
E' forse vero?
Questo parole mi lasciano riflettere e - in questo contesto di forte tormento, distruzione - sembra crearsi un piccolo barlume di speranza. Non speranza di vita, ma speranza di felicità. Questa frase mi pare un invito a non farsi sopraffare dalle angosce, dalle inquietudini, dal dolore.
"Triste non è la morte, ma quell'atmosfera."
Quale atmosfera? quella della morte e dello shock.
Quando si conosce un emozione come questa - improvvisa, violenta, traumatica - è difficile abituarsi, anche quando ci si è immersi fino al collo, anche quando sono passati anni. Quel turbamento rimane sempre lì. Ti modifica per sempre.
La stupida consolazione è quella di tenere presente che non siamo gli unici al mondo a trovarsi in situazioni così dannatamente fragili. NON SIAMO SOLI.
Questa idea forse può aiutare nel ritrovare una seppur briciola di serenità; che non vuol dire dimenticare, vuol dire solo Combattere, Reagire, Rispondere.
"..Si, pensai, forse come nella canzone, questo autunno non tornerà mai più, per l'eternità, e questa notte, passando attraverso i rami secchi e nudi degli alberi, si allontanerà scomparendo nella distanza. E poi di nuovo, sconosciuto e implacabile, verrà l'inverno."
Così si conclude il libro di Banana Yoshimoto; con un invito ad attendere che il peggio passi - come dissolvendosi nel nulla - ma sollecitando la consapevolezza che niente è perduto per sempre, nemmeno quando a perderci sei tu - e la tua anima.
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