Elena Ferrante: La vita bugiarda degli adulti - Recensione
Napoli.
La Napoli bene, La Napoli alta.
In una famiglia benestante cresce Giovanna insieme all'amore incondizionato per il padre.
La trova sempre bellissima,
la riempie di tutte le attenzioni del mondo,
le parla in modo gentile e pacato - misurato.
Una frase però ha il potere di spezzare tutto quanto - quel legame così intenso - a prova del fatto che la forza impattante delle frasi è capace di scombussolare gli animi e capovolgerli. Immaginiamo le conseguenze che - come in questo caso - potrebbero verificarsi nella mente di una neo-adoloscente tutto ormoni e tutto ansie per la vita.
"Sta facendo la faccia di Vittoria"
Una frase che sembra carica d'odio ma che poi verrà interpretata - in una maniera velata - come una frase di gioco, di poco conto. Si avverte già così un piccolo legame con il titolo stesso del libro. Bugie. Adulti.
Ma torniamo alla nostra storia.
Chi era questa Vittoria a cui Giovanna veniva paragonata?
Perchè Giovanna - al solo sentire questa frase - piange e si rattrista profondamente?
Vittoria è la zia paterna, la sorella di suo padre. Quel nome - da sempre in quella casa - era accompagnata da un eco che faceva rimbalzare qua e là soltanto orribili racconti carichi di timore, arroganza, prepotenza, avversione, nausea; e il tutto si moltiplicava per il semplice fatto che zia Vittoria viveva nella Napoli Bassa, quella Napoli che Giovanna conosceva poco o nulla, se non per mezzo di qualche discorso che aveva sentito pronunciare e che aveva a che fare con la noia - lavoro, necessità, spese.
La famiglia paterna era praticamente inesistente per Giovanna. Non aveva un volto preciso.
In questo senso, non conoscendo i fatti, nessun giudizio era ammissibile.
Da qui l'idea di mettersi alla ricerca di questa zia misteriosa e chimerica - e capirci qualcosa in più.
Chi è?
Cosa è successo?
Perchè tanto astio nei suoi confronti?
Perchè questo paragone?
Che cosa significava quella frase?
Zia Vittoria sembra come un fantasma. Nessun ricordo. Solo in qualche foto compariva la sua sagoma ma al posto del suo volto vi si trovava sempre un rettangolo nero disegnato come se - chi lo avesse realizzato - volesse dire qualcosa come "Tu con me hai chiuso per sempre!".
In effetti era successo qualcosa del genere, perchè il padre di Giovanna - Andrea - aveva causato più danni che gioie nella sua vecchia famiglia e Vittoria non smetteva mai di ricordarglielo - con il suo grande vocione e i suoi modi tutt'altro che tranquilli. Vittoria era fatta così, era chiassosa, esuberante, arrogante e sfacciata, ma sapeva benissimo cosa voleva dire amare qualcuno. L'unico guaio è che lo sapeva dimostrare in un modo tutto suo.
In questo senso un elemento fortemente presente è il senso del Doppio in cui Andrea e Vittoria fungono da poli estremi in fatto di valori, qualità, princìpi, spirito, entità: salvezza e dannazione, intelligenza e invidia, avarizia e ingratitudine.
Giovanna d'altro canto si trova a vivere un'età caotica fatta di continue scoperte, esperienze, domande, perplessità. Inizia così l'ossessione per il corpo e per la bellezza, e di conseguenza per gli specchi; e poi il tormento di una serenità quasi negata e obbligata, di un educazione troppo impostata; poi la preoccupazione di non essere mai abbastanza per i genitori; e ancora, la consapevolezza di essere cambiata. La confusione e il malessere vivevano insieme al riscatto e alla voglia di reagire.
Giovanna d'altro canto si trova a vivere un'età caotica fatta di continue scoperte, esperienze, domande, perplessità. Inizia così l'ossessione per il corpo e per la bellezza, e di conseguenza per gli specchi; e poi il tormento di una serenità quasi negata e obbligata, di un educazione troppo impostata; poi la preoccupazione di non essere mai abbastanza per i genitori; e ancora, la consapevolezza di essere cambiata. La confusione e il malessere vivevano insieme al riscatto e alla voglia di reagire.
In un certo senso è proprio l'incontro - anzi gli incontri - con zia Vittoria che permetteranno a Giovanna di conoscere una ventata di aria gelida, di freschezza. Soprattutto impara ad essere Vera come ad esempio nel saper manifestare la proprio insofferenza - piangere.
Accanto a lei si sente una piccola adulta. Ed è cosi che scopre la vita segreta degli adulti, il mondo delle bugie.
Tutti le dicono - e questo succede anche a Giovanna.
Bugie su bugie. Cascate di bugie.
La scoperta di bugie. Bugie su bugie.
Essere adulti significava questo?
Forse nel mentire riconosceva una pratica da adulto che bisognava imitare perchè ritenuta Giusta.
Forse voleva sentirsi più vicina a quel mondo, soprattutto - e magari - a suo padre che ha sempre adorato, nonchè sua madre che sapeva mentire sempre con bellezza e sobrietà.
Forse le bugie servivano per allontanare delle scomode verità.
Forse perchè Giovanna "ha sempre creduto alle bugie".
E ora - magicamente - la bugia era Lei.
Un altro aspetto che emerge chiaramente è il senso di appartenere ad una Famiglia, e non inteso in senso poetico - leggero; inteso come un legame che deve durare per sempre - a qualunque costo - anche quando i legami si spezzano.
"Tu non sei solo di tuo padre e tua madre, tu sei anche mia, tu sei di tutta la famiglia."
"Quelli - inteso gli avi, i familiari - fanno comunque parte di te, ti hanno generato, oppure ognuno di noi si genera ogni giorno da sè, nasce ogni giorno partorendo sè stesso?".
Giovanna è un esempio in merito: benchè ancorata sempre alle sue origini, alla sua famiglia, a suo padre, a sua madre, nonostante tutto riconosce in sè stessa la soluzione di tutti quei mali. Individua nel cambiamento e nella volontà di reagire una speranza. Capisce che la vita va vissuta - assaporata a piccole dosi fino a rimanerne inebriati.
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