J. D. Salinger: Nove Racconti - Recensione











Quando si inizia la lettura di un racconto - in questo caso sono nove, i cosiddetti "Nove racconti" di Salinger - la prima cosa fondamentale da fare è quella di riuscire a inquadrare nella propria mente la scena, il contesto, i personaggi, le immagini. 

Tutto.

E in questo caso bisogna ripetere il procedimento per nove volte. Nove.
Ho letto racconti più contorti, perciò non troverete nulla di troppo complicato.

La copertina della mia edizione è interamente bianca.
Si tratta dell’edizione del 2019 per l’appunto.
Solo il titolo e l'autore si discostano. 
Stampati in nero.
Tutto questo "enorme" bianco mi ha dato come l'impressione - un'impressione banale e quasi scema forse voi direte - di avere davanti a me un foglio bianco, di avere ancora cinque anni e quindi di avere ancora quella voglia irrefrenabile di disegnare qualsiasi cosa.
Un bianco che mi sa - in un senso un po' bizzarro - di libertà.

Questo senso di libertà riesco a percepirlo interamente nel libro; 
mi spiego, in questa diversità di storie, di personaggi, di dialoghi, io avverto la libertà. 

Ma quali sono precisamente queste storie?
Innanzitutto sono Dialoghi. 
Dialoghi su dialoghi. 
Poche le parti narrate.
  • Una ragazza molla tutto e parte in Florida - pare, in vacanza - insieme al suo compagno che sembra avere dei problemi psichici. Finirà suicida - dopo aver trascorso una giornata al mare insieme ad una bambina alla ricerca dei piescibanana - nella stanza d’albergo di fronte alla compagna.
  • Mary Jane ed Eloise: due vecchie amiche che si ritrovano - dopo tanto tempo - a chiacchierare tutta la notte, accompagnate da fiumi di schotch. Vecchi racconti, vecchi vestiti, vecchi amori. Ricordi.
  • Due compagne di classe  - Ginnie e Selena - giocano a tennis per cinque sabati mattina di fila. Un giorno Ginnie entra in casa di Selena e nell’attesa dell’amica, si imbatte in due uomini - il fratello di Selena e un vecchi amico del fratello di Selena - coi quali intrattiene delle piacevoli ma anche strane conversazioni.
  • Squadra di baseball di nome Comanche. La direzione è affidata ad un Capo che - ogni volta, in viaggio su quell'autobus che li conduceva al campo di gioco - è solito raccontare le avventure del cosiddetto uomo Ghignante.  
  • Una madre disperata e un figlio - di cinque o sei anni - che ne combina di tutti i colori. Continua a scappare. Esempio dell'amore di una madre che tuttavia mai potrebbe "rinnegare" un figlio.
  • La guerra. Un soldato-sergente che soffre di un tormento interiore, profondo. La commozione e la genuinità di due bambini che fanno a pugni con l'orrore della guerra. 
  • La telefonata di due amici. Uno dei due è in crisi nel suo matrimonio. Una conversazione che diventa cumulo di ansie e di preoccupazioni.
  • Un ragazzo di soli diciannove anni che si finge insegnante all'interno di una scuola d'arte appena formata. La direzione è affidata a due coniugi giapponesi che gli offrono vitto e alloggio nonchè un piccolo stipendio; il suo lavoro - che inizialmente fu quello di tradurre dal francese all'inglese - divenne quello di insegnare l'arte del disegno ad alcuni allievi. La maggior godono di scarso talento artistico, tranne uno, anzi una: Suor Irma. 
  • In viaggio su una nave, i McArdle trascorrono le classiche vacanze come una classica famiglia, tra gli sciocchi litigi di un marito e di una moglie, e le marachelle dei due figli. Teddy, il maschio, sembra essere un bambino prodigio a prova della misteriosa reincarnazione. Un uomo dal nome Nicholson lo intrattiene in una lunga conversazione, incuriosito dalla sua capacità di prevedere la morte di altri.


Tutte le storie si concludono con un finale aperto che lascia di stucco, che rivela l'inaspettato. 
Non si avverte quella sensazione di una conclusione netta, dove tutto prende una forma che  sembrava preannunciata fin dall'inizio. 

Personalmente ho avvertito come un leggero sospiro, come qualcosa di non del tutto terminato.
Non propriamente detto.

Mi ha ricordato quelle tavole enormi - che ero solita fare un tempo al Liceo artistico -, di quelle che riproducevano disegni tecnici in cui per prima cosa tracciavi tutto con una semplice matita, e poi in fase definitiva passavi all'utilizzo della china. 

Ecco queste storie mi ricordano proprio quelle tavole.
Ma semplicemente tracciate a matita. 
Una tavola lasciata così, inerme, da sola, su una scrivania, in compagnia soltanto di una matita e di una gomma che sembrano non avere voglia di prendere vita. 

Ciò non vuole essere una nota negativa, anzi - perchè è proprio di vita che si parla.
Vita e realtà, realtà e vita.

Leggere questi racconti è come ritrovarsi, immedesimarsi.
Sembra di rivedere e ritrovare se stessi e la propria vita, appunto.

Si ritrova poi una perfetta semplicità che rende il tutto ancora più reale, più vivo.

Detto questo, non riesco a trovare un elemento propriamente negativo in quest'opera - piccola e geniale - di Salinger.

La sua estrema chiarezza ha il dono come di cullarci in un sonno tranquillo e soave. 

Immersi in un profondo stato d'animo che è la leggerezza. 

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