Melania Mazzucco: Vita - Recensione

Copertina del libro Vita di Melania G. Mazzucco
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Melania Mazzucco è un incredibile scrittrice. Sapiente. Artificiosa. Si muove sinuosa tra i meandri del passato, e incredibilmente diventa una maestra nel saper ricreare piccole bolle di sapone in cui un episodio storico ben preciso convive insieme ad un personaggio realmente esistito - che ha vissuto, respirato, camminato come noi. Infatti quando si legge un suo libro si ha fin da subito la sensazione di essere catapultati in un mondo lontano che allo stesso tempo si presenta vicino, come se in un certo senso fossimo sempre stati lì e ce ne fossimo allontanati solo per pochi minuti. 

Forse è questa sua sapiente arte di modellare cose, attimi, persone che l'ha resa così celebre, oltre che per la sua innata voglia di scoprire al mondo la storia. Quell'incredibile susseguirsi di fatti che è culla delle nostre anime. Proprio per questo motivo, per sconfiggere il mostro chiamato Oblìo, l'autrice decide di Ricordare - per non Dimenticare - un passato, un preciso tipo di passato, che tutti noi uniti come in qualche corteo di massa abbiamo dimenticato. O che forse abbiamo voluto dimenticare. O ci hanno imposto di dimenticare. Sottovalutare.

In primis a causa di tutti quegli insegnamenti della giovane età che tendono spesso a focalizzarsi su importanti eventi, importanti personaggi, importanti oggetti. Quando invece della storia bisognerebbe focalizzarsi su tutto indistintamente. Perchè anzi proprio nei piccoli fatti, quelli di minor importanza, si insidiano i fatti più interessanti. Forse sono proprio quegli "insignificanti" episodi - come potrebbe definirli qualcuno - la causa ponderante di episodi di grande portata. 

Un esempio stupido ma efficace? L'amore tra Elena e Paride. Se non fosse accaduto non sarebbe sicuramente scoppiato il più grande evento bellico di tutti i tempi reso immortale dalla sapiente poetica di Omero. Sempre che sia esistito - perchè si, sapevate che Omero probabilmente non è stato un autore reale ma è stato probabilmente un semplice nome "generico" usato per indicare in realtà un'opera - che poi sono due - che raccoglie racconti di più autori? Colpa della massa ancora una volta, colpa di ciò che ci viene insegnato.

Ma torniamo a noi. Di solito il motivo Elena-Paride è quello più conosciuto per quanto riguarda l'origine del conflitto troiano, ma soltanto per una semplice questione di popolarità. Sarà che combattere per amore è sempre stato qualcosa di affascinante. Ma pochi sanno che in realtà la causa primordiale del grande conflitto troiano nacque da un innocente episodio. Un furto da parte del grande Agamennone della concubina di Achille. A partire da questo episodio, se ne verificarono tanti altri a catena, che alla fine congiunti al "tema amoroso" che accennavo prima, causarono infine la guerra con Troia. 

E allora, è naturale domandarsi che cosa e soprattutto quando, si è deciso che un determinato fatto dovesse essere considerato "poco importante" per il resto della sua esistenza. Su quale base e perchè. La risposta è sempre la stessa: la massa - che da sempre favorisce il Grande, sminuendo il Piccolo. 

Potrei fare un discorso filosofico lungo mille papiri ma non è questa la sede. Ma c'è un motivo per cui vi ho detto tutto questo. E ovviamente si ricollega al libro della Mazzucco. Il libro che si intitola Vita. Non a caso ha vinto il Premio Strega nel 2003. 

Non potrebbe esistere libro migliore per spiegare ciò che vi stavo dicendo poc'anzi. Questo stupendo racconto ha di base un sostrato culturale e storico ben preciso: quello dei primi anni del Novecento in cui si videro milioni - MILIONI - di italiani, imbarcarsi su qualche nave - costruita solitamente in qualche città portuale inglese - salpare, e partire verso l'ignota ma spettacolare e iridescente America. La grande America. La sognatrice America. La rivoluzionaria America. Chissà quanti di noi conoscono nonni o bisnonni che hanno compiuto questo viaggio interminabile che di solito durava settimane. Dove spesso ti imbattevi a fissare l'orizzonte marino che si confondeva col cielo, e dove nel momento in cui abbassavi lo sguardo ti vedevi circondato di piscio, vomito e persone che come te hanno imparato a loro spese cosa significhi patire la fame e cosa sia la miseria. 

Come la stessa autrice racconta alla fine del romanzo, all'interno di una postilla, ricorda che all'età di vent'anni circa, mentre stava realizzando un documentario insieme a due suoi compagni che trattava il tema dell'immigrazione, si rese conto quanto in effetti quella realtà le fosse molto vicina. Suo nonno era emigrato in America, e perciò quelle storie che continuava a sentire e che continuavano a fuoriuscire dalle bocche di qualche senegalese o pakistano che intervistava in vista di quel progetto, le avevano fatto capire quanto quelle storie, fossero la SUA storia - e un po' la nostra.

Suo nonno Diamante se n'era andato dall'Italia. Era partito per un semplice motivo: la fame. Il lavoro non c'era - specie se ti capitava di nascere nel sud italia - e se c'era, era di quelli miseri in cui eri destinato a vita a spaccarti la schiena per ottenere qualche piccolo riconoscimento. Poche lire. Una miseria. Perciò aveva deciso di andare in America. Così come fecero tanti altri uomini, donne e bambini. Talvolta anche neonati. 

La Mazzucco dice di aver sentito mille volte la storia di suo nonno. Suo padre si ostinava a raccontargliela ogni volta che poteva. Forse per non dimenticare? Eccola ancora la parola Dimenticare. Ma lei, come del resto tutto il popolo italiano futuro, si è dimenticata. Anche senza volerlo ha rimosso un tassello dalla sua memoria. Inconsapevolmente. Ma l'ha fatto. L'abbiamo fatto. Complice anche il fatto che nei libri di studio questo periodo storico così impattante viene ridotto a qualche semplice riga, e niente di più. Forse che la vergogna del voler ricordare qualcosa, ci spinge inconsapevolmente o intenzionalmente a dimenticare?

Spinta da questa necessità, da questo isolamento sociale e da questo mancato interesse, l'autrice ha voluto raccontare proprio la storia di suo nonno Diamante e di Vita (colei che si rivelerà il suo amore più grande e folle) che insieme sono partiti per il grande e nuovo continente alla ricerca di una qualche fortuna mancata. Attraverso la descrizione di persone su persone, benchè differenti tra loro, emerge fin da subito un forte senso di affaticamento e di emarginazione. Portati a livelli estremi. La reale miseria - quella che talvolta ti porta a morire di fame - era il comune denominatore di tutti quei volti segnati dallo sforzo di qualche lavoro sottopagato che pur nobilitava l'anima. 


E' il 1903. Siamo New York, la Grande Mela. Due bambini italiani provenienti da Tufo, di 12 e 9 anni (Diamante e Vita appunto) sbarcano in America. Alloggiano inizialmente presso la locanda dello zio Agnello che in realtà era una sorta di attuale b&b ma più rozzo, più sporco e privo di camere separate. Le "stanze" erano semplicemente suddivise tramite tendoni giganti appesi al soffitto con qualche strano accorgimento momentaneo. Oltre ai clienti che andavano e venivano, vi abitavano insieme allo zio, anche i cugini di Diamante con la quale avrà modo di crescere e vivere mille avventure. Ma non sono quelle bellissime avventure che colorano i libri di qualche rivista per bambini. No. Erano episodi in cui si metteva sotto prova il coraggio e la virilità, benchè fossero tutti all'epoca dei semplici bambini. Nati soltanto qualche anno prima. Eppure in quella città, ma soprattutto in quelle vie e in quel quartiere, l'età era solo un dato di fatto. Un numero. Si cresceva in fretta a tal punto che Vita all'età di soli 9 anni già sapeva fare faccende domestiche degne di una cameriera di alto livello. Tutti dovevano contribuire al sostentamento di quella famiglia - anche se di famiglia aveva ben poco - e perciò che tu avessi 9 o 12 anni non importava. Dovevi fare la tua parte. Così Diamante già da giovane - anzi giovanissimo - ha cominciato con i lavori più umili come vendere le copie di un giornale italiano che nessuno considerava a discapito di qualche misero dollaro, anzi centesimo. Guadagnare 1 dollaro all'epoca era come essere ricoperti di montagne d'oro. 


Quello è stato solo l'inizio di una lunga vita lavorativa fatta di sacrifici che l'hanno portato a conoscere persone nuove e allo stesso tempo nuovi lati di quella tanto amata America. Anche se ormai di "amato" aveva ben poco, perchè l'aveva soltanto portato a sgobbare quanto avrebbe potuto fare in Italia ma con la differenza di avere forse qualche centesimo in più nelle tasche. Così fa l'aiutante in un'agenzia di pompe funebri per un periodo, poi arriva a lavorare in età più matura per conto di qualche azienda ferroviaria. All'epoca i treni e le ferrovie stavano conoscendo uno sviluppo in tutto il mondo. Chilometri e chilometri di strisce ferrose si accostavano una dopo l'altra parallelamente, fino a congiungere la costa occidentale e quella orientale. Che miracolo la ferrovia! Era capace di unire luoghi così distanti rendendoli più vicini. 


Si diceva che lavorare per conto di qualche azienda di questo tipo portasse a guadagnare un sacco di dollari - insomma, più della media di qualsiasi altro lavoro di quel periodo - e ad aver la possibilità di usufruire vitto e alloggio. Diamante, come altri uomini d'altronde in quegli anni, attirati come topi da un pezzo di formaggio disposto su una trappola, decidono di far parte di quella grande squadra lavorativa senza rendersi conto che in realtà la trappola era proprio di fronte a loro. 


Era pura e semplice schiavitù. Uomini che dormivano in mezzo ai più svariati escrementi di cibo e di corpo umano, all'interno di qualche vagone di locomotiva, abbandonato e arredato per l'occasione come "alloggio". Orari di lavoro disumani. Mangiare era visto come un ozio. I pagamenti non erano regolari e non venivano rispettati. Molte persone morivano. Altri cercavano di procurarsi danni fisici da sè, perchè girava la voce che avrebbero ottenuto un rimborso. E invece si rivelò soltanto una diceria di tentata sopravvivenza all'interno di quella tanto odiata agonia di vivere - o forse sopravvivere.


Diamante fortunatamente riesce a scappare e dopo aver camminato per settimane, sfruttando il percorso di quelle rotaie già tracciate, riesce a tornare a New York dalla sua amata Vita con la quale non solo era cresciuto, ma della quale si era col tempo innamorato e scambiato promesse di un esistenza futura insieme. Un matrimonio, una casa. Qualsiasi cosa sarebbe stata apprezzata. Anche una coperta sulla quale dormire. Tutto sarebbe stato accettato. Per loro che erano nati nella miseria e che erano vissuti nella più estrema emarginazione, avrebbero apprezzato anche solo l'ombra di un albero da poter condividere insieme.


Ma le cose non vanno nel verso previsto. Vita, che nel frattempo era stata "abbandonata" a causa di questo nuovo impiego di Diamante, credendo di essere stata Dimenticata, decide di andare avanti con la sua vita e compie nuove esperienze che includono però anche altri uomini, tra cui uno dei cugini di Diamante. Una storia alquanto losca e strana che non avrà nessun futuro ma che tuttavia le insegnerà a mettersi in guardia dagli uomini di un certo calibro. Sarà allora la volta di un altro cugino, Geremia, con la quale alla fine si sposerà e avrà dei figli. 


Prima del matrimonio Vita e Diamante si vedono per l'ultima volta. Diamante a causa della malattia che nel frattempo è nata dentro di lui, riesce a ottenere un lasciapassare per l'Italia completamente gratuito poichè pagato dallo stato. Quello sarà il loro addio. E così quando Diamante torna in Italia continuerà a lavorare nell'ambito delle ferrovie e soprattutto riuscirà a farsi una famiglia. In questa famiglia nasce il padre della Mazzucco. 


Dopo la seconda guerra mondiale Vita attraversa l'oceano per andare in Italia dal suo Diamante. Entrambi ormai sono diventati vedovi. Il loro incontro è stato quasi magico ma tuttavia rivelatore dell'irrefrenabile forza del tempo. Quello scorrere di lancette di orologi alla fine ha mostrato ai due ex amanti come sono diventati realmente a causa delle loro azioni e delle loro vite vissute. 


Vita decide di tornare nel suo paese natale, a Tufo, e comunica la sentita volontà di tornare là e acquistare qualche pezzo di terra in cui risiedere e vivere gli ultimi anni della sua vita. Di lei però non si seppe più nulla. Sparita. 


La Mazzucco che nel frattempo ha compiuto ricerche su ricerche fino ad andare oltre oceano pur di essere ben informata sui suoi vecchi antenati, scopre che di Vita non è rimasta nessuna traccia. Nemmeno nei registri. Sapete quelli che si dilungano magari anche fino al 1700, conservati accuratamente all'interno di qualche biblioteca polverosa di chiese locali. Niente. 


E allora decide di scrivere la sua versione, che è un po' la nostra. Racconta una storia che sa di personale ma che allo stesso tempo diventa collettiva e intrisa di mille significati. Allora come è solita fare questa grandissima scrittrice, decide di realizzare un romanzo storico dove la storia è quella che vi ho raccontato e il romanzo è quella che si annida attorno alla figura di Vita. Crea così la sua versione. La sua storia. Vita sembra essersi dissolta nel nulla. Scomparsa per sempre. Come se in effetti non ci fosse mai stata. Ma grazie a lei, alla Mazzucco, Vita torna a esistere in qualche modo.


Eppure in tutte queste assidue ricerche, l'autrice scopre che i Mazzucco hanno da sempre abitato quelle terre nel meridione italiano. Da secoli. Generazioni e generazioni sono state come risucchiate in un ciclo sempre uguale in cui la novità assoluta è stata introdotta la prima volta da Diamante con quel suo viaggio in America insieme a Vita. Attraverso quel semplice gesto di prendere per mano una bambina di 9 anni è riuscito ad innescare un nuovo viaggio e un nuovo ciclo. Una rinascita di qualcosa che non sai bene cosa sia. Ma che tuttavia è vita. Una vita nuova che nasce con una bambina di nome Vita. Che coincidenze assurde.   


All'interno di questa storia in cui ci sentiamo un po' tutti coinvolti si riesce a comprendere facilmente che cosa dovesse essere un emigrato in quegli anni. Anni che sono stati difficili e che sono serviti per combattere pregiudizi. Grazie a tutti quegli episodi di emarginazione sociale, di sfruttamento, di rassegnazione e di speranze infrante, oggi diventiamo liberi di essere quelli che siamo. Ma come increduli e ignari di quello che è stato in un tempo non troppo lontano, tendiamo oggi a comportarci come quegli americani che ha dovuto affrontare Diamante per un intera vita. 


Tante volte non basta una vita intera per dimostrare chi sei. Occorre soltanto non dimenticare da dove si proviene e che cosa quel punto d'origine ci ha insegnato. Cosa ha innescato quella leva che ci ha portato ad essere quello che siamo. Purchè non si dimentichi. Niente dev'essere dimenticato. 


E allora la scrittura e la continua esplorazione del proprio passato - del nostro passato - diventa la medicina miracolosa che distrugge la polvere degli scaffali e dei ricordi. Quella che copre e nasconde e annebbia la memoria, in cui si accumulano i segreti più remoti. Soltanto quando la polvere sarà sparita e lo spirito tornerà a splendere, l'oblìo sarà sconfitto. E così la dimenticanza riposerà ufficialmente in pace.


"La gente pensa che i ricordi rendono tristi, disse. Invece è il contrario. Si diventa tristi quando si dimentica."

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